“… L’opera
del Russotti nasce come delicata scintilla esplosa dall’urto di
due tensioni opposte, quella derivante dall’attività pubblicitaria
che l’artista svolge, l’altra da un turbolento apprendimento
della pittura informale …”.
“… Quello che Russotti ci presenta … nei suoi lavori
di accattivante bellezza, è il volto di una serena utopia ben coscia
dell’agguato minaccioso del reale; è il sogno poetico che
sa di dover svanire in quella notturna alba che è la vita”.
Mariangela Masino in occasione della Mostra “Il Michelangelo simulato”
(Messina Teatro Vittorio Emanuele 1995), così scriveva dell’opera
del Russotti “… Una pittura che non esce di scena ….
Josè Russotti lancia una sfida singolare fin dal titolo: “Il
Michelangelo simulato”. Un modo di esprimere la voglia di giocare
con la grande pittura del passato, per dare un senso al presente. Un presente
inquietante, attraversato com’è da capovolgimenti politici
ed economici repentini, incertezza, perplessità . Un desiderio
di dipingere, quindi, che cerca nella classicità, ma non solo in
quella, la via per riuscire a rimuovere il forte senso di precarietà
delle cose. Ecco spiegato, in parte, anche il ricorso ad un modello così
difficile da emulare. Lontano, sublime, solo il Genio della Sistina poteva
soddisfare l’esigenza di Russotti: tornare all’idea di Arte
…. Perché proprio Michelangelo? .... Per riportare lo spettatore
ai concetti assoluti di Bellezza, Forma, Equilibrio, Plasticità.
Un “anacronismo” però che non esclude altre citazioni,
altri riferimenti più moderni. Si pensi agli inserti, lasciati
ai margini, che rievocano Alberto Burri, l’artista che forse meglio
di altri contemporanei ha saputo raccontare la desolazione della realtà.
Tragici contrasti di atmosfere “inventati” non per stupire
o sollecitare obbligatoriamente risonanze emotive, piuttosto per sottolineare
che la posizione di Russotti rispetto all’attuale contesto storico-artistico
è di allontanamento, di separazione. Un atteggiamento che dichiara
esplicitamente un urgente bisogno: trovare dei punti di riferimento, dei
maestri. La “classicità” per l’artista, insomma,
diventa una metafora per parlare del ruolo delle opere d’arte e
dei loro creatori e per innescare una riflessione sull’impianto
formale, la specificità, i valori della Pittura”.
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